
Con 23 voti contrari e 17 favorevoli (Spagnolo è uscita dall’aula) la proposta di legge per l’istituzione della doppia preferenza di genere alle elezioni regionali è stata bocciata. E’ già la terza volta. Non è bastata la folta presenza sugli spalti dell’emiciclo dei rappresentanti dei comitati per convincere i consiglieri della maggioranza a votare a favore. Nemmeno le pressioni dell’infaticabile Dusy Marcolin e il passaggio su Giorgia Meloni (la prima donna “premier”) del capogruppo di Fratelli d’Italia Giacomelli ha convinto i 4 consiglieri (Lippolis, Giacomelli, Barberio e Basso) a votare a favore. Il problema, quando si affronta il delicatissimo tema di una legge elettorale, è sempre quello della combinazione tra le forze politiche. La quadra non si trova perché sulla bilancia della doppia preferenza pesano richieste e rifiuti. Un braccio di ferro dove il centrodestra ha fatto capire di condividere l’iniziativa di Russo & firmatari, ma che andrebbe arricchita da una visione più complessiva dell’impianto. Per esempio, il centro destra mediava su abrogazione del limite del terzo mandato; sulla possibilità che il candidato presidente che giunge terzo possa entrare in Consiglio; introduzione del consigliere “supplente” come in Veneto (se assessore che si dimette da consigliere e a sua volta viene cacciato dalla giunta, può rientrare in assemblea); una revisione dei rapporti 60-40 fra maggioranza e opposizione, ovvero eliminare la quota di garanzia alla minoranza e l’immancabile (ogni anno) richiesta di derogare il limite dei 90 giorni delle dimissioni dei sindaci intenzionati a competere per le regionali. Un gioco al rialzo che ha provocato lo stallo dell’iniziativa.
L’opposizione, consapevole che la proposta non sarebbe mai passata, ha mostrato i muscoli: “Il rumore delle unghie sui vetri diventa insopportabile” ha tuonato Shaurli. Replica di Bordin: “Volete fomentare una conflittualità fra maggioranza e opposizione. In questo momento – interviene il capogruppo della Lega – uno si presenta e il cittadino vota. C’è già un meccanismo che prevede la presenza di donne il lista. Volete il 50% di donne in lista? va bene. Noi vi diamo la nostra disponibilità, ma le leggi elettorali vanno affrontate su un tavolo comune. Voi siete sempre fuori tempo massimo”. Bordin conclude: “All’inzio della prossima legislatura ci impegneremo a creare le condizioni per modificare sostanzialmente la legge elettorale”. L’assessore Roberti chiosa: “Se ci fossero stati segnali di apertura da parte vostra, oggi avremmo potuto votare all’unanimità la doppia preferenza di genere”. Il dibattito si chiude con la replica del proponente Russo.
Tuttavia la giornata di ieri in consiglio è stata caratterizzata da un furioso dibattito sulla nascita, per iniziativa del consigliere Tosolini, di una nuova agenzia regionale per la transizione energetica (“Fvg Energia”). Secondo Moretti del PD: “Si crea l’ennesimo e inutile doppione, che genererà solo confusione e incertezze sui ruoli, bruciando tempo e risorse che potevano essere investite su azioni concrete”. Il capogruppo osserva: “L‘Ape (dove ci sono già Comuni e privati) che ha le medesime funzioni della nuova Agenzia, a cosa serve? E’ prevista una nuova governance, che significa nuovi Cda o amministratori unici, ma non di sicuro le risposte che sui temi ambientali ed energetici mancano da quattro anni. Una legge inutile, un’agenzia inutile. Più di 4 milioni di euro stanziati per nulla: della questione interesseremo la Procura della Corte dei Conti”. Fulmini e saette in armonia con la bufera che si stava abbattendo ieri mattina su Trieste. Infine una curiosità, tra i corridoi del palazzo, proprio mentre si discuteva della nuova creatura sull’energia, faceva capolino il consigliere comunale di Martignacco Massimiliano Venuti.