E’ morto sabato scorso l’avvocato di Gorizia Livio Bernot. Aveva 86 anni. La sua notorietà iniziò a partire dagli anni Settanta: sostenne, per quasi vent’anni, una serie di memorabili battaglie legali per la scarcerazione e per il successivo proscioglimento dei sei goriziani accusati di aver commesso la strage di Peteano e, poi, perché venissero perseguiti i veri autori dell’atto terroristico e quanti avevano condotto le prime indagini in maniera non corretta. I fatti:
Le prime indagini su Peteano presero la strada dell’eversione di destra. Ma improvvisamente si cambiò registro. Sta di fatto che per Peteano si abbandonò la « pista nera » e, non trovandone una rossa, si ripiegò su sei giovani «strani» di Gorizia. Bisogna trovare in fretta dei responsabili e « chiudere » la faccenda che scotta. I sei (difesi dall’avvocato Bernot) sono amici che si trovano assieme, la sera, in osteria, fanno un po’ gli sbruffoni, si raccontano a vicenda avventure vere o ipotetiche. Nei loro confronti viene montata l’accusa diffamante di essere i responsabili della strage. Il movente? Vendetta contro i carabinieri — si dirà — che li tengono troppo d’occhio e li perseguitano. Il movente è ridicolo rapportato all’efferato delitto. Allora bisogna trovare le prove. Ma di concreto non si trova niente. La condanna di primo grado (nei successivi processi verranno assolti tutti) avviene solo su indizi. Il processo di Venezia dovrà chiarire il perchè del comportamento degli inquirenti. Ma non è solo questo che chiedono Romano Resen e i suoi avvocati. Essi chiedono che il processo contribuisca a trovare i veri colpevoli di Peteano che sembrano dissoltisi nel nulla. Chi e perchè ha ucciso i tre carabinieri? Perchè gli inquirenti di Peteano hanno a suo tempo compiuto atti che intralciarono la scoperta della verità, come il brillamento del tritolo ritrovato poca tempo prima negli anfratti di Auristna (e, all’epoca, ancora depositato in caserma) dello stesso tipo di quello che fece saltare in aria la « 500 » sottraendo così un reperto di prova alla giustizia? Perchè non sono state fatte sufficienti perizie sull’anonima voce che telefonò in caserma la sera dell’attentato? Unico reo confesso, l’irriducibile Vincenzo Vinciguerra.