L’autunno di Giorgia Meloni prende due direzioni: quella del governo (a Monza ha parlato di ‹correre di più›) e quella del partito, tenerlo unito. Per questo motivo la premier ha convocato improvvisamente l’altra sera al “Luxury Location” di Colle Oppio a Roma una cena con circa 200 invitati (fonte Corriere della Sera). Si vedono Loperfido e Rizzetto. L’attivismo della presidente del consiglio su elezioni europee e riforma delle province ha messo in agitazione gli alleati i quali avvertono accelerazioni poco chiare rispetto al prossimo anno: secondo alcuni leghisti ci sarebbe una certa indulgenza da parte dei Benito Remix all’abbassamento della soglia dal 4 al 3% alle elezioni di Bruxelles, con l’intento di allargare la coalizione di governo. Salvini teme infatti che la riduzione della soglia di sbarramento possa produrre nelle urne una polverizzazione del consenso. E sa che un simile risultato decreterebbe il successo del progetto di Meloni: una coalizione basata su FdI circondata solo da cespugli. Ecco come una modifica all’apparenza inoffensiva misura la complessità della sfida che si gioca nel centrodestra. Va detto che la riduzione del barrage al 3% rappresenterebbe anche per Forza Italia (pure se non lo dà a vedere) una sorta di àncora di salvezza. E non è l’unico elemento di frizione in questa fase tra Salvini e Meloni. Sulla riforma delle province — cara alla Lega e che prevede un ritorno all’elezione diretta — gli alleati-rivali hanno un approccio diverso. Nel merito la premier non è contraria, ma è perplessa sulla tempistica dell’approvazione. In vista delle Europee non intende «offrire il fianco all’anti-politica. Non dobbiamo dare argomenti di questo tipo». Già li vede i Cinquestelle denunciare il centrodestra di aver «aumentato le poltrone». E immagina che gli attacchi possano arrivare anche dall’estrema destra. Perciò ritiene sia meglio temporeggiare. Al contrario del vicepremier. Ovviamente. È tutto così nel centrodestra: una quotidiana e logorante competizione, garantita dall’assenza di un’opposizione competitiva che pone (per ora) al riparo la maggioranza. E in Friuli si guarda con attenzione a queste manovre, soprattutto alle provinciali ritenute, grazie al goloso reddito di cittadinanza all’insù promesso dall’assessore Roberti (al presidente mesate da 6.800 euri), un riparo per i trombati delle regionali. Ma Roma non è il Friuli dove la Lega è il primo partito e Dreosto ha in mano il boccino; il consiglio dei ministri è occupato dal cerchio magico delle sorelle e cognati d’Italia. In Friuli, dove la situazione è più complessa per via della modifica costituzionale, le elezioni provinciali sono sempre più lontane.