La spia rossa sull’informazione locale si è accesa stamattina quando i lettori e gli addetti ai lavori non hanno trovato la firma a corredo dell’articolo di cronaca, apparso su Il Piccolo, della convulsa giornata politica che si è svolta ieri in consiglio regionale. Per quali ragioni è sparito il nome dell’autore? Può un giornalista chiedere di ritirare la firma? Sono stati in molti a porsi questi interrogativi. L’attentissimo D’Amelio del quotidiano triestino ieri aveva seguito fin dalle prime battute il caso Bini in aula poi proseguito con la conferenza stampa in sala gialla.
Una vicenda scandalosa che rivela lo stato preoccupante di una regione “Schiacciata dagli abusi del potere (cit)” e di coloro che si credono potenti tanto da scegliersi anche i giornalisti accomodanti per evitare domande non gradite. Ieri, per tutto il giorno, sull’home page del quotidiano di viale Palmanova, spiccava un titolo “deviato” rispetto a ciò che era realmente accaduto in aula relativamente all’interrogazione del consigliere regionale Moretuzzo contro l’assessore Bini: “nessun ruolo nella società”. In realtà l’esponente della giunta Fedriga ha ammesso, e sorpreso tutti, affermando di essere invece un “dirigente” detentore di una quota azionaria (40%) della società. Anche nell’intervista “dedicata” al giornalista “accomodante” del Messaggero Veneto, l’assessore Bini (che fa sfoggio di essere un erede della DC di Biasutti) non dà le risposte chiare sul suo ruolo di dirigente di una spa con una busta paga da 30mila euri/mese. Altra spia rossa che conferma l’abuso del potere: l’assessore si sceglie il proprio interlocutore per evitare domande scomode da parte di altri giornalisti. Per esempio, l’agente immobiliare di area centrodestra che “aggancia” un parente diretto del sottosegretario alle finanze che “per caso” sa che l’immobile era del mediocredito al rogito. A quanti cittadini, pur facoltosi, è data la possibilità di acquistare una proprietà dal Mediocredito Fvg? E’ un’eclissi di luna della democrazia.