Dopo la Santissima messa di Natale celebrata in Basilica nel rigoroso rito dell’Arcidiocesi goriziana, anche la tradizionale “Cabossa”, la festa dell’Epifania, ha ulteriormente aperto una ferita in Friuli e levato al cielo fra le faville del fuoco l’inclemente sgarbo di una comunità (Aquileia) verso la provincia-regina, la provincia del castello di Udine e di Moruzzo dove si è consumata la storia dell’unico nobile friulano che si è opposto all’invasione dei veneziani e salvato il patrimonio del Friuli e della provincia di Udine Agro aquileiese compreso. Quell’ente intermedio che in anni e anni di oculata amministrazione ha posto l’area dell’agro Cervignanese-aquileiese al primo posto fra gli interessi sociali, storici, viari, culturali e turistici. Ex amministratori della provincia di Udine e di molti comuni della bassa, si rifiutano di pensare che Cervignano e Aquileia finiscano sotto la provincia di Gorizia. Esempi, in negativo, non mancano. In un momento in cui le forze politiche (consiglieri regionali dell’area, Fasiolo e Moretti) contestano la debolezza dell’ente isontino rispetto alla difesa delle peculiarità del territorio. A Gorizia è stata chiusa un’eccellenza senza motivo: il reparto di cardiologia dell’ospedale; trasferite a Trieste le sale specializzate sugli interventi oncologici. La stagione dei concerti legata a “GO!2025” si è trasformata in un flop clamoroso. Investiti 2,5 milioni di euri per adeguare il campovolo Duca d’Aosta per i concerti e per la data d’inaugurazione del 14 giugno l’artista (Elisa) ha tirato pacco. A Gorizia gli spettacoli musicali si organizzano solo in trasferta: o Villa Manin, o Trieste. Nel capoluogo nessun evento di rilievo. E silenzio su tutto il fronte. I goriziani avevano puntato tutto sul coordinatore ai grandi eventi (130 mila euri) ma non ci sono state spiegazioni. Anzi, Udine, sull’argomento, potrebbe impartire lezioni alla “contea” e non è detto che accada il contrario ovvero che alcuni comuni della destra Isonzo (già friulani) tentassero di passare con Udine. Ma davvero i cervignanesi, gli aquileiesi o addirittura i palmarini (tracce di Palmada nell’orbita aquileiese si trovano nella monumentale “Storia del Friuli” di Pio Paschini) vorrebbero passare sotto una provincia che non riesce ad esercitare e far valere un adeguato peso politico? Sono tutti ancora rimasti aggrappati alle circoscrizioni ecclesiastiche? O basta una captatio benelevontiae di padre Franetovich per tradire la generosa e storica provincia di Udine? Che ne sarebbe del patrimonio? la Cabossa indicava tempi difficili, incerti. Appunto, non si lascia il certo per l’incerto.