La settimana scorsa, invitato dall’autogoverno e dal direttore di Telefriuli, Terasso, il consigliere reggionale Pedicini ha elencato tutta una serie di cahier de doleances contenuti bnel travagliato quaderno del PDL. “Er batman” è un burino degno forse solo di raccogliere “scovaze”, ma la Polverini, temporeggiando, fa solo del male al PDL e a se stessa.
Oggi, interviene sull’argomento Pedicini, Leader di quella corrente cristallina, meritocratica, lavoratrice che il PDL ha smarrito da un pezzo. Ecco l’intervista rilasciata a “LETTERA 43”
Antonio Pedicini è l’uomo del gran rifiuto, l’unico tra gli oltre 1.000 delegati del Pdl che il primo luglio del 2011 ebbe il coraggio di esprimere un voto contrario all’elezione di Angelino Alfano alla carica di segretario politico.
Difficile dimenticare il suo cartellino sventolato con orgoglio al consiglio nazionale quando Denis Verdini chiese alla platea se qualcuno intendesse opporsi alla nomina per acclamazione. La sua è stata una posizione in controtendenza rispetto al plebiscito che ha approvato le modifiche dello statuto a favore dell’ex Guardasigilli.
Un anno dopo quel gesto, l’avvocato originario di Ariano Irpino (Avellino) e residente a Pordenone è ancora un consigliere regionale pidiellino in Friuli.
Nonostante le sue perplessità siano state confermate e Alfano non lo abbia soddisfatto, Pedicini non ha alcuna intenzione di lasciare il partito. Le sue critiche però sono state avvalorate dalla crisi generale del Pdl e dagli scarsi risultati dello stesso Alfano.
DOMANDA. Nell’ultimo anno che è successo al Pdl?
RISPOSTA. Avevo ragione io: non è cambiato proprio nulla.
D. Che voto darebbe al segretario Angelino Alfano?
R. Inclassificabile. Non poteva andare peggio di così.
D. Addirittura?
R. Non ha polso e ha lasciato che correnti e personalismi avessero la meglio.
D. Che segretario è?
R. Cosa vuole che le dica? Non mi ha mai convinto.
D. In che senso?
R. Avevo delle riserve sulla sua figura e ho fatto bene a esprimerle col voto contrario.
D. In concreto che cosa avrebbe voluto?
R. L’azzeramento dei vertici del Pdl, perché c’era bisogno di un nuovo avvio.
D. Che non c’è stato.
R. No. Del resto chi non ha coraggio non se lo può dare.
D. Per questo il suo è stato l’unico «no» al consiglio nazionale?
R. Ovvio: quello era un voto teleguidato. E i vertici del Pdl sono ancora tutti lì, triumviri e coordinatori regionali compresi.
D. Oltre al coraggio che cosa è mancato?
R. Il radicamento territoriale. Nel 1994 Berlusconi aveva avuto il consenso degli elettori, mentre Alfano è stato catapultato dall’alto.
D. Insomma non è stato all’altezza.
R. Decisamente no. A che servono oltre 1 milione di tesserati se perdiamo il 10% degli elettori?
D. Mette in discussione anche il ruolo di Berlusconi?
R. Il Pdl è un partito leaderistico, dove il capo decide tutto. Non sono concesse voci fuori dal coro.
D. Per Alfano il Cavaliere è il vostro «candidato naturale». Che ne pensa?
R. Il partito è di Berlusconi e lo gestisce come gli pare.
D. Eppure sembra poco convinto. Qual è stato il suo errore?
R. Non è stato capace di assicurare una successione e una discendenza politica all’altezza.
D. Gli esempi delle amministrazioni locali sono illuminanti. Si veda il caso del Lazio.
R. Non ne voglio parlare. La classe dirigente ha bisogno di un rinnovamento, altrimenti restano solo i ferrivecchi e i rottami.
D. Dunque che cosa suggerisce?
R. Dovremmo costruire dei percorsi per una nuova classe dirigente.
D. Si spieghi meglio.
R. Ci vogliono dei portatori sani di un nuovo modo di fare politica.
D. Come i Formattatori del Pdl?
R. Non li conosco ma non credo basti il ricambio basato sull’anagrafe. Bisogna proporre cose nuove.
D. Non è facile.
R. Infatti per questo nel Pdl c’è tanto malessere, anche se non è ancora evidente.
D. Anche lei deve essere sostituito?
R. Da un certo punto di vita sì, ho 60 anni.
D. Quindi non si ricandiderà?
R. È presto per dirlo.
D. Ma non molla la presa.
R. Sono nato in Forza Italia e resto in Forza Italia.