Alla serie di novità che ha reso scintillante questo inizio del 2025, va ad aggiungersi una sentenza di Corte d’appello di Trieste sul caso Kronospan cui “leopost” è direttamente coinvolto. A breve una prima udienza a Udine. Nel frattempo su queste pagine arrivano le notizie della Corte di Trieste riguardo un “risarcimento” dell’importo di 600mila euri che la ditta austriaca (i titolari vorrebbero ampliare lo stabilimento in zona industriale Ponte Rosso a San Vito) ha chiesto ai vertici dell’associazione “ABC”. La Kronospan aveva trascinato in Tribunale le esponenti del sodalizio Lucia Mariuz ed Elena Frattolin che ricordano: (quella di ieri ndr) «E’ stata una vittoria per la democrazia e la salute pubblica. La Corte d’Appello di Trieste ha respinto l’appello sulla richiesta di risarcimento da 600.000 euro presentato da Kronospan Italia S.r.l. e dal suo amministratore contro le due portavoce del Comitato ABC Eleonora Frattolin e Lucia Mariuz, sancendo un’importante vittoria per la libertà di espressione dei cittadini e delle cittadine impegnati nella tutela dell’ambiente e della salute pubblica. La sentenza – osservano Mariuz e Frattolin – conferma le conclusioni del Tribunale di Pordenone, ribadisce il diritto ad esprimere critiche anche accese nei confronti di progetti industriali percepiti come rischiosi per l’ambiente e la salute. La Corte ha sottolineato come il diritto di critica, riconosciuto dalla Costituzione, non possa essere limitato se esercitato nel rispetto dei principi di verità putativa e continenza, e ha evidenziato l’importanza della partecipazione attiva della società civile nei processi decisionali che incidono sul territorio. Secondo i giudici, le iniziative del Comitato ABC, compresi i comunicati stampa e i post sui social media, erano volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di rilevante interesse collettivo, come la qualità dell’aria e i rischi per la salute derivanti da emissioni industriali. La Corte ha riconosciuto che i toni critici utilizzati dal Comitato erano giustificati dalla necessità di evidenziare le preoccupazioni della popolazione locale e non configuravano una denigrazione gratuita dell’azienda. In un momento storico in cui le sfide ambientali richiedono il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate é inaccettabile che cittadine comuni, impegnate in prima linea per garantire un ambiente più sano alle generazioni future, vengano minacciate da azioni legali intimidatorie da parte di una multinazionale». Concludono Eleonora Frattolin e Lucia Mariuz