La discussione sulla crisi del centrodestra in Fvg si è trasferita dai confortevoli e ovattati tavoli monotematici riservati ai vertici, alle aule del consiglio. E quando i protagonisti si affrontano sono dolori. Le sale e i corridoi diventano rodei come quello di ieri, lunedì a Trieste. Scintille che si notavano fino in Slovenia. Dopo settimane di scazzi, la minoranza del Consiglio Regionale (PD, Patto per l’autonomia e Gruppo misto) è riuscita finalmente a guardare negli occhi i leader del governo regionale. E l’opposizione ha abbandonato l’aula all’inizio della discussione sulla legge multisettoriale calendarizzata per il pomeriggio del 20 maggio. Tutto è nato dalla richiesta (respinta) di Diego Moretti (PD) di mettere in calendario un intervento del presidente Massimiliano Fedriga o di un suo delegato per un chiarimento sulla situazione politica in atto. Richiesta legata anche al fatto che gli assessori regionali, esclusi quelli di Fratelli d’Italia, avevano rimesso la delega e che quindi, ad avviso della minoranza, non avevano titolo politico a partecipare alla discussione della legge. Richiesta respinta dal presidente del Consiglio regionale, Mauro Bordin, che ha spiegato che gli assessori regionali sono in carica, non essendo pervenuto al Consiglio nessun documento formale in senso contrario. E qui si celebra la farsa del centrodestra che dava a intendere che gli assessori avevano restituito le deleghe. Ma nessun atto è stato protocollato. Anche in questo caso la credibilità di Fedriga sprofonda sottozero. “Hai preso per i fondelli i cittadini” gli hanno urlato. I capigruppo della minoranza Moretti, Moretuzzo e Capozzi hanno specificato le ragioni politiche della decisione di uscire dall’aula: Inammissibile, hanno detto, che non si accetti di calendarizzare le comunicazioni della Giunta su un tema così importante; ribadita anche la convinzione che la presenza in aula di assessori che hanno rimesso la delega è un problema di legittimità politica, se non formale, sul corretto svolgimento del dibattito. “Chiediamo – ha detto per primo Diego Moretti, capogruppo del Pd, riprendendo il tema già sollevato in mattinata dal consigliere di Open Sinistra Fvg, Furio Honsell – di calendarizzare al più presto un appuntamento in Aula con il presidente della Giunta regionale, o in sua assenza con il vicepresidente, per ottenere chiarimenti rispetto a quel che abbiamo letto in questi giorni sulla stampa, con le deleghe di molti assessori rimesse nelle mani del presidente Fedriga”. Bordin conferma che non è pervenuto alcun atto formale da parte degli assessori, non ci sono dimissioni e i membri dell’Esecutivo mantengono tutte le loro deleghe. Non ci sono dunque motivi per convocare i capigruppo né per interrompere l’esame del disegno di legge 47. Tutto il resto sono questioni politiche tra le forze di maggioranza che saranno discusse in altre sedi”. Tremano gli esponenti di giunta in bilico per il terzo mandato ma soprattutto per il consiglio regionale. La maggior parte ha dato le dimissioni da Consigliere Regionale.
Per la cronaca, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità il ddl 47 Omnibus, chiudendo velocemente l’esame del provvedimento normativo con gli ultimi articoli, dal 75 al 94, inerenti salute, politiche sociali, autonomie locali, tributi e patrimonio. Di fronte ai consiglieri che lasciavano il loro posto sui banchi, il presidente Bordin ha espresso il suo “dispiacere per la scelta delle opposizioni di non partecipare al lavoro sul disegno di legge multisettoriale”. Ne è seguito qualche momento di tensione, con battibecchi tra esponenti dei due poli politici. Prima di sintetizzare la sua relazione, il capogruppo della Lega Antonio Calligaris ha contestato quella che ha definito “una sceneggiata al limite della pagliacciata”, chiedendo al presidente Bordin di convocare un Ufficio di presidenza per “discutere di provvedimenti disciplinari rispetto a quanto visto oggi”. Purghe in salsa leghista contro l’opposizione.