Il passaggio è sbalorditivo, riguarda i tumori alla vescica. La soglia di sbarramento è a 20 casi, Trieste ha chiuso il 2024 con 2 interventi, Gorizia con 22. La città isontina primeggia, ma… i tumori della vescica dove vanno? Dove ci sono i numeri? Assolutamente no, vanno a Trieste. Un gioco di prestigio degno del miglior Mandrake. Tutti sono d’accordo che per operare in sicurezza ci debbano essere l’esperienza del chirurgo (e quindi un numero congruo di interventi) e un adeguato supporto organizzativo e tecnologico. Non si discute, ma in riva all’Isonzo l’assioma si perde tra i flutti. Lo si capisce leggendo i dettagli del piano regionale della rete oncologica presentato alla maggioranza dall’assessore Riccardi (“glerie”, ghiaia, per gli amici). In questo grottesco scenario si inserisce la chiusura dell’Unità Coronarica di Gorizia (appena rinnovata!!!) a dapauperare ulteriormente un ospedale già tormentato negli anni. Sembra un piano diabolico e tutto torna alla perfezione, peccato che a farne le spese non sono i presunti tecnici o gli zelanti politici, bensì i cittadini della nostra Regione, in poche parole ciascuno di noi. Stupisce che questa serie di scelte dissennate non abbia interessato l’orgoglio isontino spesso esibito dal sindaco “2025” Ziberna che nella sfavorevole circostanza ha mantenuto una posizione supina e arrendevole verso l’assessore e queste scelte. Diversamente dalle lucide esponenti del PD come Fasiolo e Sara Vito. Alla fine della fiera quest’area della regione risulta particolarmente aggredita al punto che, leggendo i termini del documento, molti si chiedono: chi è il regista di un’operazione così sconclusionata? Chi è l’autore di quel piano che ha il sapore di un’annosa vendetta verso un territorio già dissanguato dai tentacoli dell’Impero? I sospetti serpeggiano tra i corridoi e portano agli uffici di ex assessori alla sanità in quota Lega, oggi ancora molto influenti sull’assessore. Come si concreta un vero e proprio “rapimento” sotto le luci natalizie? Attraverso questi parametri: Per i tumori dei colon si parla di un numero minimo di 50 casi. Oltre a Trieste, Udine e Pordenone, sopravvivono nell’area Isontina e la Bassa Friulana a patto però che vengano eseguiti in un’unica sede. Ma qualcosa non quadra. San Vito a Tagliamento in proiezione 2024 ne avrebbe 54: perchè non li può più fare? Nell’area Isontina si parla di un reparto unico per Gorizia e Monfalcone e non di due unità separate, però gli interventi, per poter sopravvivere devono essere concentrati a Monfalcone dove ci sono i numeri maggiori, peccato che l’equipe di Gorizia e Monfalcone è sempre la stessa ed il robot è a Gorizia. Ergo l’Isontino viene privato della possibilità di eseguire interventi tecnologicamente avanzati pena la minaccia di essere spazzati via. Non pare esserci proprio un filo logico. E poi. Retto no e colon sì. Quindi un Chirurgo è bravo fino a 20 cm. dall’ano e poi diventa scarso dai 19 in giù? Misureremo quindi le distanze col pallottoliere per sapere se si va al di qua o al di là dell’Isonzo? Riguardo ai tumori del retto bisogna che ci sia un numero minimo di 20 casi per Ospedale e quindi essi vanno concentrati ad Udine, Trieste e Pordenone. Ma come mai Latisana che ne ha 22 (più di Udine) non li deve più fare? A Trieste ed a Udine c’è la tecnologia (ma il robot non c’è anche a Gorizia?), c’è la Radiologia Interventistica e la guardia attiva chirurgica, quindi i due ospedali sono più sicuri. Verrebbe da pensare che chi ha partorito questo diabolico piano non abbia idea di cosa avviene nelle sale operatorie. Dubbio rafforzato dal fatto che nessun chirurgo è stato coinvolto nella stesura di questo piano che ha viaggiato alla velocità della luce, degna del miglior Pietro Mennea, nel disperato inutile tentativo di nascondere la verità.