Il caso venne sollevato da Leopost nell’agosto del 2020, in piena bufera Covid. Le segnalazioni ricevute erano preoccupanti: I minori non accompagnati colpiti dal Covid e ospitati nei locali di proprietà dell’azienda sanitaria di Udine nella frazione di Sottoselva, potevano entrare e uscire indisturbati dagli alloggi, non c’era nessun controllo. Dopo che su queste pagine sono apparsi i primi articoli (30 agosto 2020) i responsabili della gestione e, si presume, il sindaco, hanno attivato il servizio di sorveglianza delle forze dell’ordine 24 su 24. L’associazione Centro Caritas dell’Arcidiocesi di Udine ha trascinato Leopost in tribunale con l’accusa di diffamazione per aver definito “porcilaia” la struttura in cui venivano ospitati i minori. La foto è emblematica (chi scrive ricevette diverse telefonate dai dirigenti dell’azienda con la preghiera di rimuoverle) e, secondo l’associazione, un giornalista non avrebbe dovuto né fotografare né denunciare la stato delle unità abitative in cui alloggiavano i malati. Va detto che nello stesso edificio si trova una struttura gestita dal Campp che assiste persone disagiate. Una situazione di promiscuità cui nessuno si preoccupava di separare. Solo dopo la pubblicazione delle foto (vedi leopost del 30 agosto 2020), la Caritas ha provveduto a separare gli spazi. L’assistenza ai minori aveva creato una situazione gravissima giacché l’azienda sanitaria non aveva trovato medici che visitassero i disperati e la pratica dei tamponi era affidata al personale infermieristico del distretto. Un bomba sanitaria passata sotto silenzio e che ha provocato forti tensioni fra i cittadini della zona. L’Associazione Centro Caritas dell’Arcidiocesi di Udine ONLUS aveva ricevuto dall’Azienda Sanitaria di Udine, direttore Braganti, in comodato d’uso gratuito fino al 15 ottobre 2020, le unità abitative identificate con i numeri 4,5,11 e 12 ubicate nel Comune di Palmanova, località Sottoselva via dei Tigli 4 di proprietà dell’Azienda, al fine di consentire alla Caritas l’accoglienza dei migranti positivi al COVID-2 asintomatici o paucisintomatici, per conto della Prefettura di Udine-UTG. Nella convenzione non veniva richiamato nessun riferimento al servizio di vigilanza urbana e di assistenza sanitaria. Un contratto di comodato gratuito raffazzonato e redatto alla buona con l’obiettivo di “scaricare” nella bassa friulana i contagiati. Il periodo di concessione andava dal 7 agosto al 15 ottobre con la possibilità, per il comodatario, di poter prorogare il servizio per altri mesi. Domani udienza davanti al giudice Faleschini.